Nulla sarà lo stesso dopo la pandemia. Come dopo ogni guerra. L’umanità se lo ripete ad ogni grande evento catastrofico. Come dei bambini a piangere davanti alla mamma dopo una bravata, a ripetere: non lo faccio più. Peggio dei bambini, oggi l’umanità assiste attonita in silenzio. Ma nulla sarà più lo stesso dovremmo urlare tutti in coro, affinché il prossimo nemico dell’umanità capisca che non c’è alcuna possibilità di aggredire con successo una comunità compatta di popoli coscienti, solidali, che agisce come specie, per salvaguardare il “valore salute” quale bene comune, per conservare se stessa nell’armonia dell’ecosistema che la ospita. L’umanità si nutre di cibo. Se questo è pulito e “giusto”, consentirà al corpo e alla coscienza di vivere in salute. Se sarà avvelenato dai fitofarmaci e frutto di speculazione e sfruttamento, chi se ne nutrirà ne trarrà danno. L’agricoltura biologica può rappresentare il nuovo paradigma di un modello di società orientata ai bisogni dell’uomo prima che del mercato. Il movimento del biologico italiano, cui fanno parte il Consorzio Isola Bio Sicilia e l’Associazione Nazionale Italia Bio, argomentati in un corposo documento, il Manifesto per un’agricoltura dei popoli e dell’ambiente, rivendica tre punti fondamentali:
- il riconoscimento dei meriti ambientali ai territori a forte vocazione biologica e creazione delle zone franche dalla chimica (chemical free) ;
- la riforma del sistema di certificazione con l’azzeramento del costo di certificazione a carico delle aziende ;
- il potenziamento dei sistemi economici territoriali nella direzione dell’economia circolare e solidale, attraverso la logica dei “distretti del cibo”.
Il documento suggerisce, tra l’altro, quanto la migliore cosa che l’uomo, agendo con le finalità della specie, dovrebbe fare è di non interferire con gli equilibri dell’ecosistema terrestre. Significa operare in condizioni di migliore vantaggio, soprattutto in quanto specie fragile. In alternativa, la specie umana, dovrebbe imparare a interagire con l’ecosistema terrestre in modo “leggerissimo” cioè riducendo al minimo la propria impronta ecologica. Inoltre dovrebbe imparare a nutrire il proprio corpo e la sua “terra” (microbiota) oltre che curare gli aspetti relazionali (psiche) in costante armonia con la natura (macro biota) . Insomma la Terra è il vero centro gravitazionale, nel micro come nel macro. Agire come specie significa seguire un nuovo paradigma di comprensione e utilizzo delle risorse naturali, prelevando dalla natura lo stretto indispensabile per lo sviluppo delle funzioni vitali e restituendo il più possibile in termini di sostanza organica da affidare ai micro alleati tellurici. Un siffatto modello culturale, sostanzialmente rivoluzionario, non può che rifarsi al concetto di “civiltà della terra”. Concetto che travalica l’idea di civiltà contadina, come l’insieme delle pratiche, dei “saperi” e delle tradizioni che hanno consentito, dal neolitico sino all’avvento della chimica agraria industriale, di gestire in modo virtuoso le risorse agricole e naturali. La civiltà della terra è piuttosto un approccio onnicomprensivo all’uso sostenibile delle risorse, alla comprensione delle variabili ambientali, alla comprensione delle interazione tra qualità dell’agricoltura, responsabilità dei consumi, solidarietà dei sistemi economici, eco-compatibilità del sistema dei trasporti, tutela della bio diversità, qualità dell’aria e dell’acqua, rispetto dei diritti della natura, delle libertà responsabili dei popoli e dei diritti fondamentali, inalienabili dell’individuo e della sua specie.
Il biologico italiano, come modello e come cultura, riassume questi valori e può a buon ragione candidarsi a guidare un grande movimento per i diritti della natura e per elevare il modello di produzione biologica al rango di sistema culturale di produzione e di consumo improntato ai principi della sostenibilità e della solidarietà.
Oggi che la pandemia da Codiv-19 ci ha messo di fronte alla nostra fragilità e ci ha dimostrato che contro minacce potenti, quali sanno essere le catastrofi naturali, nulla è tanto efficace quanto la prevenzione e il cambiamento delle abitudini di vita per un corretto rapporto tra noi, l’ambiente e il cibo. Che la salute è un valore sociale e che, senza nulla togliere a certa utilità della farmacologia moderna, non possiamo ignorare l’evidenza che la qualità generale dell’ambiente, dei consumi e degli stili di vita sono indispensabili al mantenimento di uno stato di salute adeguato. Sappiamo che nulla sarà come prima. Ma il futuro potrà essere migliore solo se riusciremo a cogliere l’opportunità di un cambiamento profondo dei sistemi di produzione, dei modelli sociali orientati alla solidarietà e dei corretti stili di vita. L’agricoltura biologica può certamente indicarci la strada.
Calogero Alaimo di Loro